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6 anni.

È accaduto sei anni fa, il momento preciso in cui ho capito che la mia vita da lì in poi, avrebbe preso una strada diversa.
È accaduto quando una dottoressa bionda ai primi anni di specializzazione mi ha guardata in faccia e mi ha comunicato la diagnosi.
È stato un colpo basso. Mi dicevo, che vuoi che sia?! Avrò una semplice mononucleosi.. come era possibile che mi stessero dicendo che avrei dovuto affrontare dei cicli di chemioterapia? Avevo da poco compiuto 16 anni, facevo sport, ero sana..
I primi tempi non realizzavo, mi sembrava di vivere un po’ in un mondo parallelo, passerà, mi dicevo.
Poi è iniziata la caduta di capelli, la nausea allucinante, i riflessi rallentati che mi impedivano di riuscire a salire su un marciapiede o più banalmente scrivere su un foglio di carta.
Immaginatevi di impugnare una biro e avere dei tremori alle mani cosi forti da non riuscire a toccare il foglio.
 Quei dannati farmaci che promettevano di riuscire a guarirmi, non mi permettevano di andare a scuola per le difese immunitarie troppo basse. E cazzo, sarà assurdo ma quanto mi mancava la scuola, lo studio!
A 16 anni ero ridotta a non riuscire più a percepire il mio corpo. Lui faceva quel che voleva. Mi faceva stare male, non collaborava e io non potevo farci nulla.
Poi è iniziata la risalita, il 4 ottobre del 2011 l’ultima infusione, nel gennaio 2012 lo stop terapia. Avevo sfrattato il tumore.
Molto lentamente mi sono ripresa la mia vita, ho lottato per riavere quella normalità che mi mancava con la promessa che avrei voluto, un giorno, aiutare chi si fosse trovato in situazioni simili.
Così quello stesso anno è arrivato il blog, 3 anni dopo la campagna pubblicitaria in collaborazione con la casa farmaceutica Pfizer e Mediaset. Non meno importante è arrivata anche  la decisione di intraprendere la strada dell’infermieristica.
Non credo sia un caso se ogni volta che faccio un tirocinio mi si dice che ho la capacità di relazionarmi con i pazienti che assisto, rispettando davvero moltissimi valori. Credo dipenda dal fatto che so esattamente cosa significa stare dalla parte del paziente.
Oggi, 28 aprile 2017, dovrei forse essere triste e ricordarmi di quella dottoressa bionda, delle prole che mi ha detto, invece penso a chi sarei adesso se quella dottoressa, non l’avessi mai incontrata.
Sarebbe banale se vi dicessi che la mia vita ora è meglio, perché anche dopo molti anni, il peso di quello che è successo si allenta solo un po’ ma lo si porta dietro per sempre. Sarebbe banale se vi dicessi che non mi capita mai di svegliarmi la notte dopo aver sognato un ritorno di malattia, che non mi capita mai di guardarmi allo specchio e fissare lo sguardo su quella cicatrice che ho sopra la clavicola destra.
Sarebbe banale per cui vi dico semplicemente che riesco un po’ di più ad apprezzare le piccole cose, che per un semplice emocromo di controllo me la faccio sotto uguale, che  mi incazzo uguale per le cavolate perché dopo la malattia non si diventa di gomma; che odio quando mi si dice: “che vuoi che sia, hai passato di peggio!” Come se non avessi più il sacrosanto diritto di avere le palle girate per qualsiasi tipo di motivo.
Vi dico semplicemente che la mia vita non è né migliorata ne peggiorata, che convivo con il peso di quanto accaduto e con la paura che un giorno possa riaccadere, consapevole che nel frattempo sono viva e sono riuscita a festeggiare altri 6 compleanni da quel 2011. E credetemi, non è sempre così scontato. A volte, vince lui.




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